Di recente alla Triennale di Milano si è tenuta una mostra interessantissima, “Il design italiano oltre le crisi”. Autarchia, austerità, autoproduzione, che si è proposta di sondare il potenziale creativo durante le crisi economiche durante tre cruciali fasi storiche: gli anni ’30, gli anni ’70 e gli anni ’00.
Paradossalmente, la crisi è stata ed è tutt’ora una condizione particolarmente favorevole allo stimolo della creatività progettuale: dalle origini del design italiano negli anni trenta, ai piccoli distretti produttivi degli anni settanta, ovvero piccole aree geografiche in cui si praticava l’artigianato autoctono e la disponibilità delle materia prime era diretta), fino ad arrivare alle forme attuali di autoproduzione e autosufficienza.
Handmade o autoproduzione?
In realtà, sono processi molto simili e anche in forte relazione tra loro, poiché entrambi si riferiscono a un processo di lavorazione autonomo, indipendente e autosufficiente.
Tecnicamente, si ha qualche differenza tra questi due processi: l’handmade, nella maggior parte dei casi, riguarda esclusivamente la lavorazione manuale e artigianale nel senso stretto, quindi prevede l’utilizzo di attrezzi semplici e/o complessi -pinze, martelli, chiodi, pirografi, macchine per cucire, ecc..-; l’autoproduzione, invece, è molto più sensibile ai temi che riguardano il design e la lavorazione può essere sia manuale/artigianale e sia digitale, quindi anche attraverso l’ausilio di macchine o sistemi tecnologici avanzati -ad esempio, la stampante 3d-.
Tutti noi possiamo autoprodurre?
Certo che sì, ma non è immediato come sembra, perchè questo è un passaggio molto impegnativo. Passare da handmade ad autoproduzione significa soprattutto prestare maggiore attenzione a quello che si crea e renderlo interessante dal punto di vista del design. Un oggetto non dev’essere solo bello esteticamente, ma deve rispondere a particolari obiettivi: risolvere delle problematiche quotidiane, utilizzare un materiale innovativo, trovare un nuovo modo di usare un materiale tradizionale, progettare un sistema modulare composto da più elementi in relazione tra loro, ridurre al minimo indispensabile gli elementi di un oggetto, e tantissimi altri che avremo sicuramente modo di conoscere capitolo per capitolo.
Come potete notare è una pratica che richiede molto studio, tantissima pratica, ma la cosa realmente fondamentale è la curiosità; come diceva anche Achille Castiglioni “Se non siete curiosi, lasciate perdere”.
Osservate innanzitutto tutto quello che vi circonda, con occhio molto critico, scrutate il più possibile gli oggetti e cercate di capire come sono stati costruiti, il perché hanno quella forma piuttosto che un’altra, e provate a fare una distinzione tra decorazione e funzionalità: se, ad esempio, un oggetto ha un piccolo foro, quest’ultimo può essere semplicemente un dettaglio decorativo oppure avere una funzione precisa che noi ancora non conosciamo. Questo è un piccolo esercizio che consiglio di fare sempre, perché è molto importante prima di tutto conoscere bene gli oggetti che ci circondano; acquisire una cultura degli oggetti è la base fondamentale per potersi relazionare con loro in maniera corretta e consapevole.